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Parity rate chi?

Il 19 maggio 2014, sul sito dell’autorità garante della concorrenza e del mercato appare la notizia dell’avvio dell’istruttoria sollecitata da Federalberghi: “Oggetto di analisi dell’Antitrust le clausole previste da Booking ed Expedia che vincolano le strutture ricettive a non offrire i propri servizi alberghieri a prezzi e condizioni migliori tramite altre agenzie di prenotazione online, e in generale, tramite qualsiasi altro canale di prenotazione (siti web degli alberghi compresi)”.

Una quindicina di giorni prima il CEO di Expedia Dara Khosrowshahi dichiarava alla CNBC che la distribuzione turistica, nel suo impetuoso cambiamento futuro, non avrebbe più visto nella parity rate un vincolo indispensabile.

Diciamoci la verità, già da tempo Expedia scontava con offerte speciali le tariffe lorde degli hotel posizionandosi sempre 2 o 3 euro sotto la parità alla quale vincolava l’albergatore.

Ma ci sono alcune dinamiche cha appaiono spesso incomprensibili tanto da far pensare che non si tratti, nel caso della parity rate, di una vero e proprio svantaggio per l’albergatore.
E’ proprio quest’ultimo infatti che, nella politica tariffaria applicata, favorisce gli ospiti che prenotano via OTAs piuttosto che quelli che arrivano tramite una prenotazione diretta. Il problema principale è comprendere se tali strategie sono frutto di azioni consapevoli o piuttosto di negligenza.

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Nel periodo febbraio/aprile 2014 RatreGain ha rilevato dei dati che fanno molto riflettere. Nella maggior parte dei casi le tariffe più convenienti rispetto ai siti degli hotel si trovano sulle OTAs. C’è da domandarsi per quale motivo, se la parity rate è un problema che limita l’albergatore nel posizionarsi sotto la tariffa della OTA, perché il prezzo dell’hotel non risulti almeno in parità? Per quale motivo quasi l’80% degli alberghi romani a 4 stelle e il 76% di quelli a 3 stelle è più conveniente sulle OTAs? E per quale motivo – ad eccezione dei virtuosi 4 stelle di Dublino – la quasi totalità degli hotel europei è più conveniente per il viaggiatore quando le prenotazioni sono intermediate?

Se il punto è quello di poter battere al ribasso le OTAs gli albergatori sapranno evitare i rischi di una competizione giocata, tra loro, unicamente “al prezzo più basso”? Con quali rischi sul revenue?

C’è poi da analizzare il comportamento delle catene alberghiere che, grazie ai circuiti di fidelizzazione, cercano di riconquistare il canale diretto nei rapporti con gli ospiti. Marriot, che aveva pensato di regalare il wi-fi agli ospiti repeaters che prenotavano direttamente, è stata oggetto di aspre polemiche perché, secondo The Institute of Travel & Meetings ITM, non è corretto penalizzare i clienti fedeli a seconda del canale che utilizzano per effettuare la prenotazione.

La parity rate non è solo un vincolo che crea qualche problema tra operatori e intermediari ma anche tra operatori e ospiti che, nell’era dei metamotori, saranno sempre più informati circa le disparità tariffarie e, se ce ne saranno con differenze molto ampie, la scelta ricadrà sempre più spesso verso i canali che tendono a garantire la minore marginalità all’albergatore.

Siamo proprio convinti che in assenza di parity rate gli albergatori potrebbero veder aumentare marginalità e prenotazioni dirette? E se la parity rate esiste sapete spiegarvi qual è il modello di business di Kayak o di trivago.com?

Su questi temi sentiremo in BTO i pareri dei rappresentanti di Federalberghi, Accor Hospitality, Una Hotels e Starhotels.

Mi hanno detto #staisereno, ma ci sarà da fidarsi?

Dibattito molto sereno sulla Parity Rate
3 dicembre [Day TWO]
12:10 – 13:00
#2 Focus Hall [Evols]
Autore del post:
Robi Veltroni
Founder Officina Turistica
Cassette degli Attrezzi BTO 2014
manda un’email a Robi
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